Miglioramenti sulla sanità ma c’è scarsa integrazione tra servizi sanitari e sociali. Permangono problematici gli adempimenti di carattere fiscale. Si evidenziano carenze sul fronte della gestione degli uffici giudiziari. Ancora troppo lunghi i tempi di pagamento della PA alle imprese.
La qualità dei servizi della Pubblica Amministrazione negli ultimi cinque anni è migliorata anche se si registrano differenze tra le diverse aree geografiche del Paese. L’analisi dei principali indicatori posiziona l’Italia attorno alla media dei paesi OCSE e dell’UE. Restano tuttavia criticità importanti e risalenti nel tempo nei settori dell’Istruzione, nella Ricerca e Sviluppo e nei Servizi alle imprese. Si sono registrati miglioramenti in termini di efficienza nel campo della sanità, della sicurezza, nonché nell’utilizzo delle energie rinnovabili. Rimangono ancora problematici, invece, gli adempimenti di carattere fiscale, così come persistono ancora grandi criticità nelle procedure della Giustizia. Un miglioramento sensibile, ancorché non generalizzato, è riscontrabile nell’ambito della capacità di regolazione delle amministrazioni pubbliche e delle procedure ad esse connesse. Quest’ultimo dato trova conferma anche nell’indicatore sintetico “Ease of doing business” elaborato dalla Banca Mondiale che segnala negli ultimi anni un posizionamento più avanzato dell’Italia (passata dall’87° al 46° posto nel ranking complessivo). L’Italia resta purtroppo fanalino di coda nei tempi di pagamento alle imprese nonostante il decreto legge 35/2013.
È il quadro che emerge dalla “Relazione annuale sulla qualità dei servizi offerti dalle PA centrali e locali a imprese e cittadini 2017” del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro che dal 2010 analizza le performance delle politiche pubbliche nei servizi ai cittadini e alle imprese.
Negli ultimi anni la PA italiana si è mossa in un contesto in cui, inevitabilmente, hanno, continuato a prevalere le ragioni del risanamento finanziario (riduzione del disavanzo pubblico, stabilizzazione e poi calo del debito pubblico, entrambi gli aggregati standardizzati rispetto al PIL). La dimensione dell’intervento pubblico, in termini sia di valori di spesa primaria sia di occupati, è andata riducendosi in modo visibile. Una maggiore attenzione all’efficienza dei processi amministrativi in una ottica di “spending review” può attenuare ma non eliminare la tendenza alla riduzione dei servizi.
La Relazione annuale sulla qualità dei servizi pubblici prevista dall’art. 9 della legge n. 15 del 2009 è giunta alla sesta edizione. Essa è approvata dalla Commissione istruttoria unica, dall’Ufficio di Presidenza e dall’Assemblea del Consiglio Nazionale. L’analisi prende in considerazione i principali report di valutazione delle politiche pubbliche dell’OCSE, della Banca Mondiale e, per ciò che riguarda l’Italia, della Banca d’Italia e dell’Istat. La Sesta Relazione, come le precedenti, è stata impostata dal Consiglio in una ottica di collaborazione interistituzionale con oltre 30 enti, organi e amministrazioni, coinvolgendoli in un esercizio pluriennale di monitoraggio sui parametri di efficienza, efficacia, economicità e misurazione del risultato.
Il primo rapporto preliminare è stato redatto nel 2010 nel corso dell’VIII Consiliatura: Le quattro Relazioni successive (2011, 2012, 2013, 2014) sono state adottate nel corso della IX Consiliatura. La Relazione 2017 si compone di una parte metodologica, che definisce gli elementi di comparazione internazionale sulla qualità e l’efficacia dell’intervento pubblico e il sistema informativo federato sulle performance delle PA; approfondimenti sulla Riforma della Pubblica amministrazione e ruolo degli OIV e un’analisi sulla prevenzione della corruzione quale leva per assicurare la qualità dei servizi pubblici; un focus su alcuni servizi pubblici (sanità, assistenza, istruzione, giustizia, servizi ai minori); un’analisi sui servizi offerti alle imprese (incentivazione e internazionalizzazione, sportelli unici, debiti della PA).
Processo di riforma della Pubblica amministrazione
L’introduzione di una disciplina più cogente dei sistemi di misurazione e di valutazione della performance organizzativa e individuale, collegati strettamente ai risultati raggiunti e accompagnati da misure sanzionatorie più rigide, ha obbligato le PA centrali e locali a ripensarsi e ripensare il rapporto con gli stakeholder. Si assiste, inoltre, all’introduzione di una nuova disciplina del controllo da parte dei cittadini. Il ruolo degli OIV, gli Organismi Indipendenti di Valutazione, appare positivo e forse da potenziare. Significativa l’istituzione dell’elenco nazionale dei componenti, che garantisce adeguati livelli di professionalità e di trasparenza. Il regolamento approvato con DPR 105/2016 attribuisce al Dipartimento della funzione pubblica nuovi poteri in materia di promozione e di coordinamento delle attività di valutazione della performance delle amministrazioni pubbliche.
Determinante nel rapporto tra PA, cittadini e imprese appare il ruolo di una potenziata disciplina della trasparenza che integra l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni erogate dalle PA centrali e locali, con particolare riferimento alle azioni di prevenzione e contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione.
La costruzione e l’aggiornamento costante della sezione “Amministrazione trasparente” sui siti della PA si presentano particolarmente impegnative per le amministrazioni, con risultati ancora insoddisfacenti al fine di raggiungere gli obiettivi previsti dalla norma in una logica di apertura e di innovazione e non possono pertanto restare confinate nella diffusa prassi del mero adempimento.
In tema di prevenzione della corruzione risulta crescente il ruolo dell’ANAC che ha aiutato a ripensare il rapporto tra prevenzione della corruzione e qualità nei servizi pubblici con la finalità di dimostrare come la riduzione dei rischi di corruzione o di altre forme di illegalità concorra a un’allocazione ottimale delle risorse e alla prestazione di servizi adeguati ai cittadini. Nella Relazione del CNEL viene presentato un primo elenco di indicatori elaborati dall’ANAC per segnalare eventuali patologie, anche connesse a fenomeni di corruzione o “favoritismo”, che se concretamente adottati dalle PA potrebbero rappresentare un valido strumento per prevenire e correggere distorsioni nella gestione dei contratti connessi ai servizi pubblici.
Sanità, Istruzione, Giustizia, Imprese
Sul fronte della Sanità le performance continuano ad essere valutate, in tutte le analisi nazionali ed internazionali, in una posizione di buon livello sia rispetto agli standard europei e degli altri paesi avanzati, che rispetto alla situazione epidemiologica del paese. Il miglioramento dell’efficienza, che deve essere proseguito con maggiore energia, è tuttavia accompagnato da una tendenza alla riduzione della spesa pro capite e della erogazione di servizi. Una delle criticità maggiori riscontrate è la scarsa integrazione tra servizi sanitari e servizi sociali sul territorio nella sanità preventiva, curativa e riabilitativa. Tali criticità sono accentuate dalla responsabilità regionale in materia e per questo non si manifestano in modo uniforme, ma mostrano differenze anche molto accentuate tra diversi territori, con una preoccupante divaricazione in termini di universalità dei servizi. La spesa sanitaria pubblica pro capite (in media 1.838 euro) mostra un andamento temporale positivo a partire dal 2015, dopo la forte riduzione degli anni precedenti. Per il triennio 2017-2019 si prevede che si confermi un aumento anno della spesa sanitaria pubblica dell’1,3% (DEF 2017). Anche se c’è stata e sembra essere confermata un’inversione di tendenza, emerge un calo del livello di qualità percepita in termini di umanizzazione ed empowerment dei pazienti e dei loro familiari. Esistono disuguaglianze territoriali e sociali nella qualità delle cure e le carenze in termini di equità sociale, soprattutto relativamente ai tempi ed alle procedure di accesso ai servizi ed alla disponibilità dell’offerta sul territorio. In prospettiva futura è fondamentale guardare alla sostenibilità sociale di una domanda di servizi caratterizzata da presenza crescente di anziani e disabili.
Nel comparto Istruzione, i risultati indicano che il settore è molto attivo nell’ambito della valutazione e del miglioramento continuo, con importanti innovazioni di sistema, i cui effetti in termini di outcome per bambini e studenti saranno peraltro più evidenti negli anni futuri. I test PISA condotti dall’OCSE fotografano come è noto una situazione di persistente disagio della qualità della nostra education nonostante alcuni miglioramenti settoriali. Ugualmente critica appare la condizione delle politiche pubbliche nel campo delle attività di Ricerca e Sviluppo. L’ultimo rapporto ANVUR disponibile evidenzia luci e ombre: tra le prime, l’arresto del calo di immatricolazioni e un miglioramento in termini di produttività scientifica della ricerca gestita da operatori pubblici; tra le seconde, il perdurante divario Nord-Sud nella qualità degli atenei in termini di ricerca e di didattica e una stasi degli investimenti in Ricerca & Sviluppo in Italia, di molto inferiori ai livelli europei. Molto insoddisfacenti appaiono i servizi forniti per gli studenti lavoratori e le attività di formazione post-laurea.
Una delle permanenti criticità in termini di efficienza è nel sistema giudiziario con particolare riguardo al settore civile. L’Italia tuttavia nel periodo 2010-2014 ha conseguito miglioramenti rilevanti, insufficienti tuttavia a recuperare il divario con la media europea. Sul fronte dell’offerta diversi indicatori suggeriscono che fattori organizzativi costituiscano un freno importante al processo di miglioramento, nonostante un’elevata clearance rate nel confronto internazionale (il rapporto tra numero di casi definiti e numero di casi iscritti che misura la capacità di un ufficio o di un intero sistema giudiziario di definire e quindi smaltire, i casi sottoposti al giudizio in un intervallo di tempo). Gli indicatori della Banca Mondiale sulla qualità organizzativa, ci vedono tra i paesi più “virtuosi” per disponibilità di ADR (dall’acronimo inglese di Alternative Dispute Resolution, ossia Metodi alternativi di risoluzione delle controversie). Soddisfacente appare il livello di informatizzazione. Si segnalano invece carenze sul fronte della gestione degli uffici. Una debole diffusione di cultura dell’organizzazione sembrerebbe richiedere programmi di investimento di lungo periodo in formazione mirata ai responsabili degli uffici. Anche in questo campo tuttavia si registrano crescenti differenze di performance sul territorio italiano, con il nord-ovest italiano che, dal punto di vista della giurisdizione civile, rappresenta un’area in cui una impresa italiana o straniera, può operare alle stesse condizioni delle grandi città europee comparabili.
L’analisi sui servizi della P.A. alle imprese include un aggiornamento sullo stato dell’arte dei SUAP (Sportelli Unici nelle P.A.), avvalendosi di dati amministrativi provenienti da Unioncamere e da alcuni focus groups con amministratori e utenti presso il Dipartimento per la Funzione Pubblica. La piena operatività dei SUAP è ancora impedita da alcune criticità come la disomogeneità delle piattaforme informatiche e dei sistemi di back office dei vari Enti, la complessità delle procedure, l’insufficiente formazione degli operatori dei SUAP.
Sensibili progressi si registrano nei ritardi dei tempi di pagamento delle amministrazioni pubbliche che restano comunque elevati. A prima vista, da una media di 180 giorni (anzi che i 90 previsti nei contratti) nei confronti dei propri fornitori, a 95 nel 2017, una riduzione del 47% in poco meno di sei anni. La tendenza al miglioramento sembra tuttavia essersi interrotta. Resta molto critico tutto il comparto sanitario. L’Italia resta tuttavia tra i “cattivi pagatori” nella classifica europea, con punte di ritardo nel settore sanitario e in alcune regioni del Sud (Campania, Calabria, Sicilia). Nella classifica dei 500 migliori pagatori della P.A. stilata dal Mef le regioni più virtuose (o meno viziose) sono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana.
Un’indagine della Banca d’Italia sull’informatizzazione degli enti territoriali rivela un quadro ancora preoccupante: un ente su cinque dichiara di affidarsi a supporti cartacei nei rapporti col proprio tesoriere (un ente su quattro nel Mezzogiorno).
Una intesa tra Ragioneria Generale dello Stato e la Banca d’Italia si propone di migliorare il sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici (SIOPE), con una evoluzione verso un SIOPE+ che coinvolge l’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale). Il progetto punta all’acquisizione automatica al massimo livello di dettaglio informativo, liberando gli enti dall’obbligo di provvedere discrezionalmente alla continua trasmissione dei dati su incassi e pagamenti. Si mira alla massima dematerializzazione e standardizzazione del colloquio fra AP e tesoriere. La realizzazione del progetto si è avviata dal 1° luglio 2017 in via sperimentale con un gruppo pilota di banche ed enti e dovrebbe entrare a regime gradualmente lungo il 2018, coinvolgendo circa 21.000 amministrazioni pubbliche e 500 banche tesoriere.
La “Relazione annuale sulla qualità dei servizi offerti dalle PA centrali e locali a imprese e cittadini 2017” è stata elaborata con il supporto di Ministero della Salute, Ministero della Giustizia, Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), Dipartimento della Funzione Pubblica, Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, ANAC, CNR, CoGeAPS, il Consorzio di Gestione delle Professioni Sanitarie, Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Simest; Unioncamere, l’Istituto per il Commercio Estero, ANCI, SNA, la Scuola Nazionale dell’Amministrazione Pubblica e le Università di Pisa, Università Bocconi, Università di Roma “La Sapienza” e la SPISA, la Scuola di Specializzazione in Studi sull’Amministrazione Pubblica dell’Università di Bologna.
Fonte: Cnel
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